con un esperto biologo che spiegava all’intera comitiva, i rischi a cui sta andando incontro l’emisfero terrestre, come il progressivo scioglimento dei ghiacciai che comporta un lento e continuo innalzamento del livello dei mari, conseguenza dell’effetto serra”, spiega la Castello che prosegue il racconto illustrandoci le altre particolarità viste durante il viaggio, dai fenomeni migratori degli uccelli ai mutamenti di flora e fauna, evidenziando i rischi con cui il pianeta dovrà fare i conti, tra i quali anche il fenomeno delle mutazioni genetiche delle popolazioni autoctone che vivono nelle regioni polari.
Quali riflessioni sono scaturite da questo viaggio?
Da questo viaggio è nata una riflessione sul futuro dell’umanità, sui comportamenti egoistici che ogni giorno assumiamo, non curanti delle generazioni future. Dobbiamo smetterla di vivere pensando che le risorse naturali presenti sulla Terra siano infinite ed evitare di sfruttarle come se si potessero continuamente rigenerare, incuranti per la situazione insostenibile che si sta creando e che porterà al collasso dell’intero globo. Quando ho saputo che quest’anno ricorreva il Quarto Anno Polare Internazionale mi sono documentata accuratamente visitando tutti i siti Internet sull’argomento ed ho incontrato numerosi scienziati in Francia e in Svizzera. Successivamente ho conosciuto il professor Carlo Alberto Ricci, presidente della Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide, oltre che professore ordinario all’Università di Siena, che è venuto a Piacenza in occasione del Geofest, testimoniando in prima persona, la presenza scientifica italiana nelle regioni polari, attraverso numerose spedizioni in Antartide.
Il Prof. Carlo Alberto Ricci e la dr.ssa Amanda Castello
L’Anno Polare Internazionale, cosa significa per il Pianeta?
Si tratta di un vastissimo programma scientifico dedicato all’Artico e all’Antartide, un’iniziativa che rappresenterà il periodo di ricerca più intenso degli ultimi cinquant’anni, sulle regioni polari. Circa 50.000 gli scienziati coinvolti, oltre 60 i paesi che focalizzeranno i loro studi sulla mutevole situazione delle regioni polari: 228 i progetti a cui i ricercatori stanno lavorando, esaminando i più vasti fenomeni fisici, biologici e sociali che interessano le zone polari. L’importanza di questi studi è dettata dal fatto che tutto è interdipendente e collegato e permette di conoscere come interagiscono tra loro le terre emerse, gli oceani e l’atmosfera, per trovare soluzioni all’emergenza climatica.
Qual è il Suo contributo all’Anno Polare?
Io non sono né una ricercatrice, né una scienziata. Sono una persona che sa scrivere e che può dare un piccolo contributo a far conoscere un problema che non può più essere taciuto, sensibilizzando le persone a tematiche che troppo spesso passano inosservate.
In occasione del decennale dell’associazione da me fondata, abbiamo creato un calendario a sostegno dell’Anno Polare Internazionale, (il Calendario Padì Art 2008), che ha una duplice valenza: da una parte celebra i dieci anni di attività dell’A.R.T. descrivendo i progetti, i corsi ed i convegni, realizzati dal 1997 ad oggi, mentre dall’altra, grazie ad immagini straordinarie che mostrano una natura incontaminata, richiama l’attenzione sui problemi che minacciano la salute del Pianeta. Sto, inoltre, scrivendo un libro, “Padì ai Poli”, che è la storia di una ragazza che intraprende un viaggio ai Poli partendo dallo Spitzberg, (la maggiore delle isole delle Savalbard), spiegando ai più giovani le questioni che riguardano i mutamenti climatici.
A dicembre si è tenuta la Conferenza mondiale sul clima a Bali. Cosa ne pensa?
Ho seguito con grande attenzione la Conferenza di Bali, constatando come tutto dipenda da una questione di mentalità e cultura, che spesso finisce con l’impedire ai Grandi del Mondo di guardare nel medio-lungo termine una situazione che già di per sé è molto critica. Penso all’Australia in cui molte zone, dopo incendi titanici sono a rischio desertificazione, o all’America Latina in cui si passa da terre semi-aride a fasce costiere a rischio inondazioni, a zone intere del continente asiatico sconvolti da uragani sempre più violenti e ripetuti, per concludere con la situazione del continente africano caratterizzato da un disboscamento sempre più assiduo che è all’origine del processo di desertificazione che si sta estendendo con grande velocità con il suo corteo di fame e morte.
1 commento:
Scopro con piacere che a Piacenza c'è qualcuno che si dedica a sensibilizzare l'opinione pubblica su temi così urgenti come i cambiamenti climatici, la salute delle Regioni Polari e della nostra terra. Il futuro del Pianeta è responsabilità di ognuno di noi. Tutti dovremmo sapere, capire e mobilitarci per la causa; applicare, nella nostra quotidianità, regole di un vivere eco-sostenibile, piccoli gesti e comportamenti responsabili che preservino la natura anziché distruggerla e insegnarlo alla nuove generazioni. Questo blog è una risorsa importante per approfondire il tema e riflettere, nonché per viaggiare virtualmente alla scoperta di luoghi del mondo poco conosciuti. Aspetto con curiosità i prossimi aggiornamenti!
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